Maltrattamenti agli anziani in casa di riposo

Maltrattamenti agli anziani in casa di riposo

I fatti sarebbero avvenuti nella RSA “Monumento ai Caduti” di San Donà di Piave in provincia di Venezia.

Abbiamo raccolto per futura memoria fatti riportati da giornali e media a partire dal febbraio 2023.


Foto di malati terminali per divertimento

Il maltrattamento di anziani in RSA e strutture chiuse è difficile da documentare. In questo caso però V.D.M. di cui il Gazzettino di Venezia si preoccupa di mantenere l’anonimato per motivi sconosciuti è stato però condannato per aver diffuso immagini di malati terminali durante il periodo COVID 19. L’articolo non riporta se l’uomo (30 anni) è stato licenziato o meno.
Perché non sono stati identificati i partecipanti al gruppo di diffusione delle immagini?

Operatore socio-sanitario fotografa gli anziani in casa di riposo e pubblica le immagini nella chat “Sballati on the road”

Fonte Gazzettino 04.03.2023 (Fonte – Permalink) trascriviamo di seguito per memoria.

Instagram e la chat whatsapp “Sballati on the road”. Finivano lì le foto che V.D.M., operatore socio sanitario di 30 anni, residente nel Sandonatese scattava ai pazienti anziani che accudiva durante il suo servizio alla Casa di riposo Monumento ai Caduti di San Donà di Piave. Le faceva con il suo smartphone mentre loro dormivano o erano incoscienti. Le scattava a persone malate, alcune di loro terminali, e le metteva in rete via social. Per questo – e per aver rubato alcune medicine dalla farmacia della casa di riposo, il trentenne Oss ha patteggiato un anno di reclusione (pena sospesa) di fronte al giudice per le indagini preliminari di Venezia, Antonio Liguori, che ha stabilito anche il pagamento delle spese processuali da parte del trentenne, nei confronti delle parti civili: l’Ulss 4 Veneto orientala, assistita dall’avvocato Alessio Bacchin; e due vittime, rappresentate dai penalisti Igor Zornetta e Luca Sprezzola.

LE VITTIME

Diciassette anziani, alcuni ormai deceduti. Persone ricoverate nella Rsa di San Donà di Piave per essere assistite e finite al centro delle fotografie scattate dall’operatore socio-sanitario che li stava curando. Nell’accusa firmata dal pubblico ministero veneziano Giorgio Gava si parla di “immagini e video attinenti alla vita privata degli anziani e di malati terminali”. Li fotografava “mentre erano allettati, in abbigliamento da notte o seminudi e, in alcuni casi, incoscienti o semi-incoscienti”. Alcuni di loro anche mentre erano intubati. Poi quegli scatti privati e immagini di sofferenza, finivano sui cellulari di altre persone attraverso il gruppo whatsapp o messaggi singoli che il trentenne Oss mandava ad amici e conoscenti, senza che si sia mai scoperto il motivo per cui aveva iniziato a farlo. Ad aggravare il quadro, il fatto che sia “stato commesso nei confronti di persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale”. Un comportamento andato avanti per tutto il 2020 – quando le Rsa erano chiuse per Covid – e fino a maggio 2021.

LA SCOPERTA

La mossa all’indagine l’aveva data un amico del trentenne operatore socio sanitario, che si era accorto delle fotografie conservate nella memoria del cellulare dell’uomo e aveva deciso di denunciare ai carabinieri. Una veloce indagine informatica ha permesso ai militari dell’Arma di ricostruire tutti i passaggi, cementati nel cd-rom sequestrato a casa dell’uomo e soprattutto dalle confessioni dello stesso trentenne che ha confermato le accuse e le fotografie.

I MEDICINALI
Furto aggravato, questa l’altra accusa. Nello specifico l’aver rubato dalla farmacia della Rsa una confezione di Artrosilene, tre confezioni di Lidocaina cloridrato, una confezione di Talofen e due confezioni di Tranquirt. Gli erano stati trovati in casa durante la perquisizione dei carabinieri che stavano indagando sul giro di fotografie agli anziani per cui il trentenne era anche stato sospeso dal lavoro durante la fase delle indagini. Perché il furto? Secondo la procura di Venezia, si legge, l’aveva fatto “ai fini di trarne profitto”. «La giustizia ha fatto il suo corso. Questa sentenza ha fatto chiarezza su quello che è successo nella struttura. L’azienda sanitaria è vicina alla struttura e tutelerà sempre l’utenza» le parole del dg dell’Ulss 4, Mauro Filippi.

AGGIORNAMENTI

Il 6 marzo 2023 un tragico incidente nella stessa struttura per una paziente di 94 anni.

Dramma in casa di riposo, cade sulle scale con la carrozzina e perde la vita

È successo ieri mattina all’Ipab “Monumento ai caduti in guerra” di San Donà di Piave. Vittima un’anziana di 94 anni. (fonte – Permalink)

Tragico incidente sabato mattina alla casa di riposo “Monumento ai caduti in guerra” di San Donà di Piave, in via San Francesco. Un’anziana di 94 anni, Rita Coppo, ha perso la vita cadendo dalle scale in sedia a rotelle. Sembra che la signora dovesse scendere al piano terra, prima delle 9, per andare a fare colazione come tutti gli altri ospiti, accompagnata dagli operatori. Ma ad un certo punto, mentre era in attesa vicino agli ascensori sulla carrozzina con cui si muoveva non potendo più camminare, si sarebbe allontanata proseguendo lungo un corridoio fino a raggiungere una porta di sicurezza.

Qui avrebbe spinto il maniglione anti panico aprendola e riuscendo ad attraversarla fino a trovarsi davanti a una rampa di scale, quelle di sicurezza della struttura di cui era ospite. Ed è allora che invece di fermarsi ha proseguito, forse voleva girarsi e tornare indietro, ed è finita catapultata sulle scale, precipitando ai primi scalini prima del pianerottolo. L’hanno trovata a terra con la sedia a rotelle, e hanno subito provato a soccorrerla con l’aiuto dei sanitari, ma per la donna non c’è stato nulla da fare, era deceduta. I rilievi all’Ipab di San Donà sono andati avanti per tutto il giorno, la polizia locale ha posto sotto sequestro la carrozzina e la cartella clinica della signora e ha sentito il personale della casa di riposo fino al pomeriggio, informando infine il pm di turno sull’accaduto. Avvisati i famigliari. La donna era mamma e anche nonna.

Per la famiglia invece non è tutto chiaro.

San Donà. Ospite della casa di riposo muore cadendo dalle scale, i figli si rivolgono ad un avvocato: Vogliamo giustizia

Il Gazzettino, 11 marzo 2022 (fonte – permalink)

«Vogliamo giustizia per nostra madre». A parlare sono i quattro figli di Rita Coppo, 93 anni, morta sabato scorso nella casa di riposo Monumento ai caduti di San Donà, convenzionata con l’Ulss 4. Il pm ha disposto l’autopsia per capire quali siano le cause della morte: l’esame dovrà accertare se il decesso sia dovuto a un trauma o ad altro motivo. La donna, infatti, dovendo spostarsi in sedia a rotelle, era stata trovata dagli operatori sulle scale antincendio tra i due blocchi definiti modulo rosa e giallo, dove era ricoverata.

IN CARROZZINA

Ogni mattina alle 8.30 gli ospiti della struttura vengono portati a fare colazione al piano terra. Le persone che, come la signora Coppo, sono in carrozzina o hanno difficoltà a spostarsi vengono accompagnate con l’ascensore. La procedura, secondo quanto spiegato dal presidente dell’Isvo Domenico Contarin, prevede che ogni persona venga accompagnata singolarmente e poi l’operatore risale per fare entrare l’ospite successivo. Non è chiaro, quindi, come la donna abbia raggiunto la porta a spinta, avvicinandosi alle scale esterne dove si è rovesciata con la carrozzina. Ad accorgersi di quanto accaduto sono stati gli stessi operatori, non trovandola vicino all’ascensore. Immediatamente soccorsa, per lei, però, non c’era più nulla da fare.

FIGLI

I figli, due maschi e due femmine, residenti tra Passarella e Jesolo, si sono rivolti all’avvocato Matteo Cibinetto di San Donà perché sia fatta piena luce sulla morte della madre. «La mattina di sabato scorso sembra che mia mamma sia morta alle 9.15 spiega una delle figlie Gli operatori della Monumento ai caduti hanno telefonato due volte: la prima verso le 10.30 dicendo che era caduta e circa mezz’ora dopo dicendo che era morta, senza altre precisazioni. Ho richiamato io perché volevo capire quali erano state le cause continua – Solo a quel punto ci sono state fatte le condoglianze. Un gesto che in quel momento ho interpretato come mancanza di sensibilità da parte del personale. Io e mia sorella, inoltre, avemmo voluto vederla per qualche momento dopo la sua morte: purtroppo, però, non è stato possibile, e anche per questo siamo tutti molto turbati. Era stata ricoverata alla Monumento ai caduti da circa tre mesi e avevamo affidato nostra madre alle loro cure con fiducia, dopo che altri parenti erano stati ricoverati nella stessa struttura per anziani».

L’AVVOCATO

«La signora Coppo di regola doveva essere legata alla carrozzina per non cadere – spiega il legale Si dovrà accertare come si sia aperta una porta di sicurezza che dava sulla scala esterna in ferro e la signora sia caduta. I suoi figli sono ancora sotto choc e vogliono che sia chiarito il motivo che ha portato alla sua morte, oltre a un po’ di amarezza per non ricevuto le condoglianze dalla struttura e le comunicazioni non del tutto chiare».

IL RITRATTO

Rita Coppo aveva abitato per circa 50 anni a Jesolo, in località Piave nuovo, poi negli ultimi 20 si era trasferita nella frazione di Passarella. Era stata sposata con Italo Marangon, operaio edile e agricoltore. Una coppia di grandi lavoratori, molto affiatata, conosciuta e stimata nella frazione. «Lei aveva lavorato sia in campagna sia come casalinga, allevando ben cinque figli, di cui uno morto da piccolo aggiunge uno dei figli – Era molto attiva, sapeva fare tutto come le donne di un tempo, sempre disponibile con familiari, parenti e vicini di casa». L’esito dell’autopsia è atteso oggi o domani, i funerali con tutta probabilità si terranno martedì a Passarella. E lunedì la Terza commissione consiliare si occuperà della delicata vicenda.

Foto fuori contesto

Inspiegabilmente della pagina Facebook riconducibile alla RSA (link – Permalink) appare questa immagine decontestualizzata. Forse un errore. Sarebbe utile che la stessa struttura fornisse spiegazioni.

 

Maltrattamenti agli anziani in casa di riposo: arrestati 4 operatori socio-sanitari. Casi anche di violenza sessuale

Lo scorso novembre nella stessa struttura un dipendente era stato arrestato per molestie ripetute ai danni di un ospite.
Ci eravamo già occupati della stessa struttura in questo post.

Fonte Gazzettino 14.03.2023 (FontePermalink) trascriviamo di seguito per memoria.

Arrestati quattro operatori socio-sanitari della Residenza Sanitaria Assistenziale di San Donà di Piave per maltrattamenti agli anziani. Alle prime ore di oggi, 14 marzo, i carabinieri della compagnia di San Donà di Piave, con il militari del nucleo investigativo del Comando Provinciale di Venezia, sotto la direzione della Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale lagunare a carico di quattro operatori socio sanitari – due sono in carcere e due agli arresti domiciliari – indagati per concorso per maltrattamenti aggravati degli anziani ospiti di una Residenza Sanitaria Assistenziale. Ma i dipendenti della struttura coinvolti a vario titolo nell’indagine sono nove.

Nell’ambito della stessa indagine, il 25 novembre dello scorso anno era stata eseguita un’ordinanza di applicazione di custodia cautelare in carcere nei confronti di un indagato, anch’egli operatore socio-sanitario della medesima struttura, ritenuto responsabile di violenza sessuale aggravata e continuata.

L’attività investigativa, avviata dall’ottobre 2022 a seguito di una segnalazione effettuata dalla nuova direzione della struttura e anche su input di alcuni congiunti degli anziani ospiti, ha permesso ai militari della compagnia di San Donà di Piave, sempre con il supporto del Nucleo Investigativo, di acquisire un solido quadro indiziario a carico degli indagati, documentato da audio-video, che riguardano continui maltrattamenti, sia fisici che psicologici, attuati da alcuni degli operatori socio sanitari nei confronti degli anziani più inermi, ospiti delle struttura, che risulterebbero dipendenti dalle cure dei sanitari anche per le più basilari necessità fisiche.

Il direttore dell’Ulss 4

«La violenza non si giustifica mai, pensare che questa venga inflitta a persone che hanno bisogno di assistenza e dell’aiuto di chi li segue, è qualcosa di veramente ignobile». Lo afferma il direttore generale dell’Ulss 4, competente per territorio sulla casa di riposo di San Donà di Piave, dove 4 operatori sono stati arrestati con l’accusa di maltrattamenti agli anziani degenti. Mauro Filippi, questo il nome del dirigente, si dichiara «indignato e arrabbiato per quanto accaduto nella casa di riposo nei confronti di persone deboli, che hanno un costante bisogno di aiuto». «Le segnalazioni risalgono al 2022 – continua Filippi – e bene hanno fatto il medico convenzionato con la struttura, e la stessa direzione della Rsa a segnalare quelli che all’epoca erano ancora episodi di sospetta violenza ai carabinieri, i quali hanno subito avviato le indagini del caso». «Indagini – conclude – che hanno dato i loro frutti e confermato i sospetti. La condanna a questi episodi è netta, ma va anche detto che le 4 persone arrestate sono un minima parte delle tante altre che invece lavorano in questa struttura con impegno, coscienza ed umanità».


Aggiornamento del 16.03.2023

Maltrattamenti in casa di riposo: sputi, pugni, frustate e piedi legati. Gli anziani chiedevano pietà
NORDEST > VENEZIA
Mercoledì 15 Marzo 2023 di Nicola Munaro
VENEZIA – Si lamentavano. Davano qualche pizzicotto per cercare di difendersi. O, incapaci di comprenderne il motivo, chiedevano: «Perché mi hai dato i pugni?».
Sono le intercettazioni audio-video a dare la dimensione dell’orrore nel Reparto Viola della residenza per anziani “Monumento ai caduti” di San Donà dove ieri mattina (la cronaca a pagina 11 del fascicolo nazionale, ndr) sono stati arrestati quattro operatori socio sanitari: Fabio Danieli, 47 anni, e Maria Grazia Badalamenti, 62 anni, coppia nel lavoro e nella vita, ora entrambi in carcere; Anna Pollazzon, 60 anni, e Margie Rosiglioni, 71 anni, messe ai domiciliari. Vivono tutti e quattro a San Donà, dov’era domiciliato anche Davide Barresi, 54 anni, catanese, in cella a Venezia da novembre 2022 e accusato non solo di maltrattamenti come i quattro arrestati e altri quattro Oss soltanto indagati, ma anche di violenza sessuale aggravata nei confronti di tre anziane in meno di un mese.
LE INTERCETTAZIONI
Nel tentativo di ribellarsi, gli anziani provavano a spaventare gli operatori socio sanitari: «Ho chiamato i carabinieri» dice una donna dopo essere stata picchiata dalla coppia Danieli-Badalamenti appena entrati nella sua stanza. Un tentativo strenuo di difesa mentre loro due la vessano. Danieli – si legge nell’ordinanza – le tappa la bocca per otto secondi e lei dice «Perché mi ha dato un pugno?», prima che l’operatore le torca la mano destra. Ad un’altra paziente vengono tirati i capelli: poco prima, invece, i due operatori erano accondiscendenti mentre la medicavano di fronte ai suoi parenti. Salvo poi, uscita la figlia dell’anziana, picchiarla e dirle «Racconti pure le bugie a tua figlia».
I quattro operatori arrestati – accusati in concorso per vari episodi contestato dal 2019 fino ai giorni – facevano sbattere la testa di una donna contro la testiera del letto. Momenti in cui le vittime “urlano continuamente”, si legge nell’ordinanza del gip mentre i dipendenti della struttura coinvolti nell’indagine si divertono. Anche quando Danieli colpisce una paziente con due colpi di karate alla schiena. “È significativo – scrive il giudice riportando le intercettazioni- ascoltare le risate degli operatori mentre la paziente si lamenta del dolore, fatto dimostrativo anche in questo caso dell’assoluto disprezzo per la vittima e addirittura del godimento provato nel sentirla lamentarsi”.
LE FRUSTATE
Oltre ai pasti non dati, agli sputi in volto agli anziani sporchi sulla bocca e alle minacce («potevi fare meglio ma non morire quando ci sono io», dice Danieli a una donna che, mangiando, si stava ingozzando) c’è la violenza dell’8 dicembre 2022. Fabio Danieli e Maria Grazia Badalamenti stanno curando un paziente: «Cosa vuoi, farmi morire?» gli dice l’uomo mentre lui lo spoglia con violenza. E l’Oss reagisce: gli toglie una scarpa, lo colpisce con forza in volto tanto che l’anziano replica «non così, non farmi male» e la telecamera immortala del sangue uscire dal corpo dell’ospite della struttura. «Mi hai fatto male, aiuto – gli dice – Mi hai rotto il naso». Arrabbiato, Danieli estrae un portachiavi con un laccio e lo frusta sulla gamba: «Mi hai rotto i c……i nonno». Per poi colpire con una frustata anche il compagno di stanza dell’anziano per poi sferrare “ormai senza più freni inibitori” (riporta l’ordinanza) Danieli sferra tre pugni sulla testa di un altro ospite.
IL GIUDICE
Episodi continui come versare acqua nella bocca di un’anziana che stava dormendo o offendendo chi si era sporcato. Azioni commesse, secondo il giudice per le indagini preliminari, con “sprezzo e insensibilità dimostrata nei confronti delle sofferenze e invocazioni delle vittime” colpite se si lamentano di quanto subìto. Violenze che sono proseguite fino alle scorse settimane, come testimoniato dalle note inviate in procura e ai carabinieri dal direttore della struttura, Maurizio Padoan. Eccolo, quindi, il “pericolo di reiterazione del reato molto grave e intenso – dipinge il gip – con modalità particolarmente efferate: i due non sono in grado di autocontrollarsi trattandosi di soggetti del tutto privi di qualsivoglia remora a delinquere, avendo gli episodi dimostrato un loro godimento nel provocare sofferenze alle vittime infermi. Vendicativi” per cui solo il carcere può bloccare pressioni su colleghi che ora diventeranno testimoni.

Gazzettino 16,.03.2023 (fontepermalink)

San Donà di Piave, maltrattamenti in casa di riposo. Il gip: «Clima di omertà. Anziana picchiata dopo l’uscita della figlia»

Si sono trovati in una trentina, nel cortile della Rsa “Monumento ai caduti” di San Donà di Piave. Tutti parenti di chi nella casa di riposo ci vive e ha subito le angherie dei cinque operatori socio sanitari arrestati. Dall’assemblea – mentre l’amministratore delegato di Isvo Paolo Dalla Bella annunciava il licenziamento degli arrestati – si è alzato il grido di alcuni parenti delle vittime: hanno ribadito di aver segnalato i disagi e la preoccupazione per i loro parenti ma di non essere stati ascoltati. Nell’incontro, infatti, è emerso tutto il dolore e la rabbia di coloro che avevano segnalato (e talvolta denunciato) quanto accadeva all’interno della struttura. Alcuni hanno spiegato di aver evidenziato problemi dal 2018, altri addirittura da prima.

CAMBIO DI PASSO

E qualcuno dei presenti ha evidenziato anche un cambio di rotta, e una maggiore comprensione dall’arrivo del nuovo direttore Maurizio Padovan. «Siamo chiamati a ricostituire il comitato dei familiari ha spiegato Padovan- vi convocheremo ancora. Ci premeva darvi un segnale di tempestività. Tutta la struttura ha appreso come voi quello che accadeva, per il segreto istruttorio».

I FACCIA A FACCIA

Il giorno dopo gli arresti è così quello in cui parte la seconda fase dell’indagine con l’intento di cristallizzare tutti gli episodi di violenza contestati e allargare lo spettro dell’inchiesta. Da ieri mattina infatti i carabinieri della Compagnia di San Donà e del Nucleo investigativo di Venezia stanno ascoltando non soltanto i parenti degli anziani maltrattati, ma anche gli operatori socio sanitari dipendenti della “Monumento ai caduti”.
E adesso quello che sanno adesso dovranno dirlo ai carabinieri. Perché diventano testimoni e perché spezzare la cortina di omertà tra gli operatori sanitari della casa di riposo “Monumento ai caduti” di San Donà di Piave è l’obiettivo del sostituto procuratore Andrea Petroni, titolare dell’inchiesta sui maltrattamenti nel Reparto Viola della Rsa dove martedì mattina sono stati arrestati Fabio Danieli, 47 anni, e Maria Grazia Badalamenti, 62 anni, coppia nel lavoro e nella vita, ora entrambi in carcere; Anna Pollazzon, 60 anni, e Margie Rosiglioni, 71 anni, messe ai domiciliari. Vivono tutti e quattro a San Donà, dov’era domiciliato anche Davide Barresi, 54 anni, catanese, in cella a Venezia da novembre 2022 e accusato non solo di maltrattamenti come i quattro arrestati e altri quattro Oss soltanto indagati, ma anche di violenza sessuale aggravata nei confronti di tre anziane in meno di un mese.
È la stessa ordinanza del gip Alberto Scaramuzza a parlare in modo esplicito di omertà: “La reiterazione delle condotte – scrive il gip – risultava favorita da un sostanziale clima di omertà anche da parte degli operatori non direttamente coinvolti, ma consapevoli di ciò che succede”.
E poi “condotte reiterate e sistematiche, non certo occasionali posto che nei primi tre giorni di intercettazioni sono state riscontrate sette atti di maltrattamenti ai danni di quattro ospiti” grazie a “un generale clima di sopraffazione e vessazione esistente nell’istituto a opera di un significativo numero di operatori e ai danni di un numero rilevante di ospiti con piena consapevolezza delle condotte anche da parte della generalità di operatori della struttura, quand’anche non indagati”. Domani, intanto, in carcere a Venezia inizieranno gli interrogatori di garanzia: alle 12.30 Danieli, difeso dall’avvocato Alberto Zannier, alle 13 Badalamenti, assistita dall’avvocato Marco Zampini.

DOPPIO ATTEGGIAMENTO

“I due – scrive ancora il giudice – stanno sempre ben attenti ad adottare comportamenti con cui simulano di trattare bene i pazienti quando sono presenti dei terzi estranei o quando stanno per giungere”.
Ecco quindi che in presenza della figlia di una paziente agiscono in modo corretto e poi la picchiano quando la donna esce.


Emerge un precedente per uno degli arrestati Davide Barresi

Gazzettino 17.09.2020 – (linkpermalink)

Anziana 74enne violentata in casa di riposo, chiesta condanna di 6 anni per l’operatore socio sanitario

Sei anni di reclusione. È la condanna chiesta dal pubblico ministero Simone Marcon per Davide Barresi, 51enne operatore socio sanitario originario di Catania e nato a Torino, accusato di aver violentato un’anziana e disabile psichica in Rsa ad Agordo, dove lui lavorava all’epoca dei fatti. Barresi è difeso dall’avvocato Valentina Mazzucco. Mentre la vittima, una 74enne che ha al suo fianco anche un curatore (il legale Stefano Bettiol), si è costituita parte civile con l’avvocato Valentina Gatti.
FASE CHIUSA
L’istruttoria è stata chiusa ieri mattina, in Tribunale a Belluno, dopo quasi cinque ore in cui sono stati ascoltati gli ultimi testi. Dieci per la precisione: i carabinieri che avevano svolto le indagini, alcuni operatori della Rsa di Agordo, l’educatrice-psicologa dell’anziana, il direttore della struttura, il consulente del pubblico ministero, ossia il medico psichiatra Tullio Franceschini, e il curatore Stefano Bettiol. Mentre l’anziana era già stata ascoltata in sede di incidente probatorio con il giudice delle indagini preliminari Enrica Marson. L’udienza è terminata con la requisitoria del pm che ha chiesto il minimo della pena previsto per il reato di violenza sessuale, ossia sei anni di reclusione (il massimo è dodici anni).
GLI EPISODI
Sarebbero tre gli episodi contestati a David Barresi dalla Procura e sarebbero avvenuti tutti mentre l’uomo era in servizio nella Rsa di Agordo, nel luglio di due anni fa. Con alcune scuse, l’operatore sarebbe riuscito a portare l’anziana in posti isolati dove l’avrebbe molestata e violentata sessualmente. Un giorno, ad esempio, con il pretesto di raggiungere le macchinette del caffè per offrirgliene uno, l’avrebbe accompagnata negli scantinati della struttura polifunzionale e lì sarebbero scattati i primi palpeggiamenti e apprezzamenti nei confronti dell’anziana. Ma per la pubblica accusa l’uomo si sarebbe spinto ben oltre, arrivando perfino ad allungare le mani nella biancheria intima di lei e a baciarla più volte e in modo insistente in bocca. In un altro episodio, raccontato dalla parte offesa, si sarebbe anche denudato mostrando l’organo genitale alla 74enne. Dopo circa un mese, e tre episodi di presunta violenza sessuale, scattò la denuncia. La paziente, infatti, si confidò con un’assistente sociale, quella con cui aveva più confidenza, e partì immediatamente l’inchiesta. Nell’incidente probatorio, l’udienza in cui si forma anche una prova per il processo, l’anziana era stata accompagnata dal suo curatore. Daniele Berto, psichiatra dell’Usl 16 di Padova, aveva effettuato test e domande alla donna per accertare la sua capacità a testimoniare, che era stata accertata. Così, dopo alcune fasi intermedie, era cominciato il processo per violenza sessuale. Ieri mattina, in tribunale a Belluno, sono sfilati gli ultimi testi a porte semi-chiuse a causa dell’emergenza sanitaria che impone la presenza in aula di sole dieci persone. Dopo quattro ore, il collegio di giudici ha chiuso l’istruttoria e dato il via alla discussione, ma il tempo è stato sufficiente solo per la requisitoria del pm. Nella prossima udienza, fissata per il 28 ottobre alle 9.30, sarà dato spazio all’avvocato di parte civile Valentina Gatti con la richiesta di risarcimento, e all’avvocato della difesa, Valentina Mazzucco, che tenterà di smontare la tesi accusatoria. Terminata la discussione i giudici si ritireranno in camera di consiglio per formulare la sentenza.

 

Uneba Veneto – 26.05.2022 (linkpermalink)

Agordo. Assolto operatore della casa di riposo accusato di violenza sessuale verso una ospite

Il Gazzettino, 26 maggio 2022

IL CASO BELLUNO Assolto Davide Barresi «perché il fatto non sussiste». Si tratta del 52enne operatore socio sanitario originario di Catania che secondo la pubblica accusa aveva violentato sessualmente un’anziana della casa di riposo di Agordo dove lui lavorava all’epoca dei fatti. Un vero colpo di scena che ribalta la condanna in primo grado inflitta dal tribunale di Belluno, pari a 5 anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 5mila euro di risarcimento alla parte offesa. Tutto annullato. Barresi, secondo la Corte d’appello di Venezia, è innocente e il giudice si è preso 90 giorni per le motivazioni. Difficile, quindi, spiegare cosa abbia influito per arrivare a una sentenza opposta rispetto alla precedente. Barresi era difeso dall’avvocato Valentina Mazzucco. Non si è mai lasciato interrogare, non ha mai negato gli addebiti, non si è mai fatto vedere. Eppure è stato assolto. La difesa, in dibattimento, aveva sostenuto che non era possibile delineare specifiche condotte delittuose, in capo all’uomo, e nemmeno stabilire con certezza se la presunta violenza sessuale fosse tentata, consumata o inesistente. Dall’altra parte c’erano numerose versioni, spesso diverse, ma sempre peggiorative, riguardo a ciò che sembrava essere accaduto in casa di riposo. Le forniva l’anziana, assistita dall’avvocato Valentina Gatti, che forse non è stata ritenuta credibile. Nell’istruttoria dibattimentale erano stati ascoltati 10 testi: i carabinieri che avevano svolto le indagini, alcuni operatori della rsa di Agordo, l’educatrice-psicologa dell’anziana, il direttore della struttura, il consulente del pubblico ministero, ossia il medico psichiatra Tullio Franceschini, e il curatore Stefano Bettiol. Mentre l’anziana era già stata ascoltata in sede di incidente probatorio dal giudice delle indagini preliminari Enrica Marson.
LA RICOSTRUZIONE Tre gli episodi contestati a David Barresi dalla Procura di Belluno, tutti all’interno della casa di riposo dove l’uomo era in servizio. Con alcune scuse, stando a quanto aveva raccolto la pubblica accusa, l’oss era riuscito a portare l’anziana in posti isolati dove l’avrebbe molestata e violentata sessualmente. Un giorno, ad esempio, con il pretesto di raggiungere le macchinette del caffè per offrirgliene uno, l’avrebbe accompagnata negli scantinati della struttura polifunzionale e lì sarebbero scattati i primi palpeggiamenti nei confronti dell’anziana. Ma per il pubblico ministero l’uomo si era spinto ben oltre, arrivando perfino ad allungare le mani nella biancheria intima di lei e a baciarla più volte e in modo insistente alla bocca. In un altro episodio, raccontato dalla parte offesa, si sarebbe anche spogliato davanti a lei. Dopo circa un mese e tre episodi di violenza sessuale (presunta), la denuncia. L’anziana si era confidata con un’assistente sociale, quella con cui non aveva timore di parlare, ed erano partite le indagini. Nell’incidente probatorio, il dottor Daniele Berto, psichiatra dell’Usl 16 di Padova, aveva effettuato alcuni test alla donna per accertare la sua capacità a testimoniare e la risposta era stata positiva.
PRIMO GRADO Il processo si era tenuto a porte chiuse (a causa delle norme varate dal governo per limitare la diffusione del covid) e il pm, nella sua requisitoria, aveva chiesto il minimo della pena previsto per il reato di violenza sessuale, cioè 6 anni di reclusione (il massimo è 12 anni). Il tribunale di Belluno, ritenendolo colpevole, l’ha condannato a 5 anni. Ma da qualche giorno l’impianto accusatorio è crollato. La Corte d’Appello di Venezia l’ha assolto da tutto ciò che gli veniva contestato perché il fatto non sussiste.


Il Gazzettino, 26 maggio 2022

Belluno – Assolto Davide Barresi «perché il fatto non sussiste». Si tratta del 52enne operatore socio sanitario originario di Catania che secondo la pubblica accusa aveva violentato sessualmente un’anziana della casa di riposo di Agordo dove lui lavorava all’epoca dei fatti. Un vero colpo di scena che ribalta la condanna in primo grado inflitta dal tribunale di Belluno, pari a 5 anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici
AGORDO Davide Barresi, 52 anni, operatore socio sanitario nato a Catania dove oggi è ritornato dopo l’esperienza lavorativa tra le Dolomiti,  è stato assolto nel giudizio di secondo grado perché “il fatto non sussiste”. Lavorava nella Rsa di Agordo e in primo grado era stato condannato a cinque anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento danni di 5 mila euro.  A Venezia il difensore Valentina Mazzucco ha ottenuto quello il Tribunale di Belluno le aveva negato. Tra tre mesi la motivazione della sentenza.  La 75enne ospite della residenza sanitaria, con invalidità civile al 100 per cento, era stata ascoltata durante le indagini preliminari, in incidente probatorio, e aveva raccontato quello che le sarebbe successo nel luglio 2018: apprezzamenti,  palpeggiamenti nello scantinato. In un’altra occasione la donna aveva parlato anche dell’operatore denudatosi e dopo un mese ne avrebbe parlato con le assistenti sociali.uffici, 5mila euro di risarcimento alla parte offesa. Tutto annullato. Barresi, secondo la Corte d’appello di Venezia, è innocente e il giudice si è preso 90 giorni per le motivazioni
Davide Barresi
L’Operatore Socio Sanitario qualcuno lo chiamava “Dottore” (link)

La Nuova Venezia  – 17.03.2023 (link permalink)

La casa di riposo degli orrori a San Donà: sette i casi di stupro. Autopsia su un’anziana picchiata

Al via gli interrogatori di garanzia. «Godevano nel vedere soffrire le pazienti». Davide Barresi, accusato dei fatti più gravi, ha chiesto di essere curato


Il Gazzettino 16.03.2023 – (linkpermalink)

Il legale dell’anziana violentata in casa di riposo: «Quell’operatore assolto in Appello poteva essere fermato»

L’avvocato bellunese Stefano Bettiol è amministratore di sostegno dell’agordina che fece la denuncia

BELLUNO – «Tutto questo si sarebbe potuto evitare». È amareggiato l’avvocato bellunese Stefano Bettiol, amministratore di sostegno dell’anziana agordina che denunciò di essere stata violentata da quell’operatore socio sanitario, che nel 2018 lavorava nella casa di riposo di Agordo. Lui è Davide Barresi, 54enne nato a Torino, ma residente a Catania, finito alle cronache in questi giorni per il caso degli orrori nella Rsa di San Donà di Piave nel Veneziano. È in carcere accusato di violenza sessuale aggravata e continuata nei confronti di tre pazienti di quella struttura. Ma si poteva fermare dopo i fatti di Agordo. Ne è convinto l’avvocato Bettiol.

Come ha reagito quando ha sentito la notizia e quel nome?
«Il mio pensiero è andato subito alle vittime e alle sofferenze che hanno patito: ulteriore violenza, dopo quella già provata dalla mia assistita. Episodi orribili che forse potevano essere evitati, se solo non ci fosse stata quella assoluzione in Appello».

Ci spieghi bene.
«L’operatore in questione con sentenza di primo grado del Tribunale di Belluno era stato condannato a cinque anni di reclusione, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Erano emersi gli elementi di colpevolezza e l’anziana agordina era stata sentita in audizione protetta, con incidente probatorio di fronte al gip, per verificare l’attendibilità di quello che dichiarava e del racconto che faceva. Era stato incaricato come consulente del giudice il dottor Daniele Berto di Padova per capire se c’era l’attendibilità, visto il ritardo mentale da cui è affetta la donna. Ed è stata ritenuta credibile».

Come era nato il tutto?
«Allora ero il curatore di questa donna. Venni allertato dal personale sanitario, perché avevano percepito diversi episodi alle macchinette del caffè e in luoghi appartati. Feci subito una relazione al giudice e poi denuncia. Seguì l’incidente probatorio e il processo, con sentenza di condanna che in secondo grado venne riformata: la Corte d’Appello non ha ritenuto credibile la mia assistita ed ha assolto con formula piena l’operatore socio sanitario».
Ed è così che si arriva alla cronaca di questi giorni, perché l’operatore ha continuato a lavorare. Cosa sarebbe successo in caso di conferma di quella sentenza?
«Era una condanna importante, ricordiamo 5 anni. Avrebbe trovato lavoro con un casellario così? Io ritengo di no. Ci sarebbe stato un atteggiamento diverso, una maggiore attenzione posto che continuava a fare quel lavoro delicato in ambiti particolari, visto che veniva a contatto con persone che sono in condizione svantaggiata e di minorata difesa».

Sarebbe finito in galera?
«Avrebbe sicuramente vissuto in uno stato di restrizione nel periodo successivo alla sentenza definitiva e diventava incompatibile nel svolgere la professione. Anche se avesse chiesto misure alternative al carcere non avrebbe potuto lavorare come oss in una casa di riposo. E quindi sì: si poteva evitare il reiterarsi di reati di questo tipo. Anzi dovevano essere evitati».

La sentenza di assoluzione ormai è definitiva, ci sono margini per avere giustizia?
«Bisognerebbe valutare bene e lo farò. L’unico mezzo che c’è è la revisione del processo, che può essere chiesta se emergono fatti nuovi o nuove prove. Le sofferenze patite dalla mia assistita sono tali che mi spingono a procedere. Ricordo che era molto turbata allora dopo quei fatti, ma in secondo grado non venne creduta. In un altro caso seguito da me nei mesi scorsi invece è accaduto l’opposto: in primo grado l’uomo venne assolto, condannato in secondo. Questo per dire che a volte, in questo tipo di processi, per reati di questo tipo, c’è una linea di demarcazione molto sottile che discrimina tra realtà fattuale e realtà processuale, che è data dal fatto che il giudicante deve valutare la versione della vittima, spesso sola nell’affrontare questa situazione, e quella del presunto aggressore».


Gazzettino 20.03.2023 (linkpermalink)

Polemiche sul sindaco Cereser e il filmato in cui garantiva sulla gestione della Casa di riposo finita nella bufera

Bufera sul sindaco Andrea Cereser per la vicenda della casa di riposto Monumento ai caduti. I familiari degli ospiti, che gli scorsi anni avevano segnalato i problemi, ieri hanno ripescato un video circolato sui social risalente al 18 giugno 2018, ossia nel periodo in cui era sotto i riflettori l’operazione pubblico-privata che passava la gestione della struttura da Ipab a Isvo.

«Trovo inaccettabile che si continui a speculare in queste ore sulla casa di riposo – spiegava il sindaco nel filmato – stiamo parlando di ospiti, di famiglie, di posti di lavoro. L’operazione che abbiamo costruito mette insieme il settore “pubblico” con il “privato”. Il “pubblico” mantiene un’azione di controllo, e lo scopo è quello non solo di mantenere i posti di lavoro ma di crearne di nuovi e migliorare la qualità dei servizi. Di tutto questo siamo fieri».

RECORD
Un filmato di 25 secondi, che ieri è balzato al primo posto della pagina Facebook di Cereser con oltre tremila visualizzazioni, in cui il sindaco rispondeva alle critiche sull’operazione rivolte da una parte della cittadinanza e soprattutto dalla minoranza, una battaglia allora portata avanti dall’ex consigliera comunale Anna Maria Babbo. E uno dei commenti postati allora da Martina Alessandra a distanza di 5 anni suona dolorosamente profetico: «Mi permetta di dirle che la situazione della casa di riposo è alquanto preoccupante – scriveva Martina – mia nonna è ricoverata lì da un anno e mezzo e la situazione è andata precipitando, tant’è che viene seguita da tre persone esterne che si alternano quotidianamente, questi nonni non sempre sono seguiti adeguatamente, verrà finalmente un momento di tranquillità all’interno di questa struttura?».

LATITANZA
«Il controllo della parte pubblica ha latitato – il commento amaro di una donna che aveva la madre nel reparto viola – Stiamo condividendo il video, ma mi prende la tachicardia. Ho visto che qualcuno a distanza di anni sta commentando. Ho notato che c’è anche il cartello della campagna elettorale di allora. Si vergogni, io e alcuni del comitato dei familiari siamo andati di persona da lui nel 2021: gli abbiamo detto tutto quello che non funzionava. E oltre alla responsabilità del sindaco per non aver vigilato vogliamo che sia fatta piena luce sulle persone che hanno diretto o gestito la struttura in questi anni, le stesse che hanno ignorato ripetutamente le nostre segnalazioni. Il minimo sarebbe stato controllare, girare tra i reparti. Ricordo che sembrava chiedere un’udienza al Papa per essere ricevuti da uno degli ex direttori Radames Biondo, e quando esponevamo i problemi si alterava, alzava la voce: “Ma cosa venite a dirmi? Cosa credete che non controlliamo? Siete pazze”. Questo era il suo modo elegante di rispondere».

AMAREZZA
«Non c’è stato alcun controllo – commenta un altro familiare – Sono molto amareggiato, mi chiedo in questi anni cosa abbiano mai fatto gli altri direttori e la gestitone. Nel 2017 nel modulo viola c’erano già dei problemi. A distanza di tempo mi rivedo e soffro ancora di più: quando mia mamma è entrata era tranquilla, poi nel giro di due-tre mesi era “drogata” la sera. Di giorno non potevano somministrarle calmanti quando c’eravamo noi familiari. C’erano anche oss e infermieri competenti e umani a cui affidavo mia mamma con serenità, ma dopo il luglio del 2018 molti di questi dipendenti hanno iniziato ad andarsene. Ho passato giornate a chiedere colloqui con la gestione e le risposte che mi davano erano inverosimili. Un dolore immenso. Chi avrebbe dovuto vigilare su questi oss che sono finiti nell’inchiesta? Se la Procura volesse sentirmi sono a disposizione. Non mi tiro indietro».
«Sa quante persone negli ultimi anni hanno affidato i loro familiari alla casa di riposo? precisa un’altra parente Non basta un consiglio comunale straordinario, serve un incontro pubblico al centro Da Vinci o in teatro. Anche la riunione fatta martedì scorso nella struttura, dopo che è stata avviata l’inchiesta, ha coinvolto solo i familiari che adesso hanno i loro parenti all’interno. E quelli degli scorsi anni non hanno diritto di essere ascoltati?».

Link al video


San Donà. Maltrattamenti in casa di riposo, scoppia la polemica: «I vertici si dimettano»

Gazzettino 31.03.2023 (linkpermalink)

Dimissioni dei due cda di Isvo e Ipab. Sono le richieste arrivate dalle minoranze a conclusione del Consiglio comunale straordinario sulla casa di riposo Monumento ai Caduti al centro dell’inchiesta su maltrattamenti e abusi. Una resa dei conti nella bufera, con i patenti delle vittime seduti nelle prime file che hanno urlato la loro rabbia verso i vertici della Rsa e verso il Comune, interrompendo più volte il dibattito. Sala gremita, molte persone nei corridoi: ieri erano circa 2mila le visualizzazioni dello streaming (mai così tante). Quale fosse il clima si respirava già all’inizio della seduta. Alcuni dei familiari hanno esposto uno striscione con la scritta Verità per la casa di riposo. Numerosi cartelli con la stessa scritta sono stati esibiti e lasciati sui tavoli del parlamentino sandonatese.

DIMISSIONI CDA

Intervengono a turno il sindaco Andrea Cereser, la vice Silvia Lasfanti, i presidenti di Ipab Giorgio Maschietto, di Isvo Domenico Contarin. Poi i consiglieri di opposizione Francesca Pilla, Giuliano Fogliani, Simone Cereser e Massimiliano Rizzello, Maria Carla Midena: tutti chiedono la testa dei vertici della Monumento ai Caduti. Dimissioni e scuse pubbliche, finora nessuno le ha mai presentate in modo chiaro. «Sono abituato a chiedere scusa se ho colpe, se ho commesso reati o infrazioni, ma questo non significa che non siamo amareggiati, dispiaciuti – spiega l’amministratore delegato di Isvo Paolo Dalla Bella – Ci siamo anche detti: cosa potevamo fare?». «Ascoltare le nostre lamentele», grida una dei familiari dal pubblico. «Siamo parte lesa e danneggiata prosegue Dalla Bella – Dopo le prime segnalazioni ed esposti in modo tempestivo abbiamo dato l’incarico a un’agenzia di investigazioni e subito dopo la Procura ci ha avvertito che stava indagando. Sono molto dispiaciuto, quando ho letto gli atti ho pianto per due ore».

 

IL DOLORE

«Non è così incalza il consigliere Cereser Un amministratore delegato risponde anche dell’immagine della struttura». Pilla chiede chi abbia disposto le assunzioni, tra cui quella di Davide Barresi, autore delle violenze sessuali, e se siano ancora a libro-paga gli altri indagati. Di nove indagati, cinque sono sottoposte alle misure cautelari, quattro sono liberi. «Gli indagati non sono più operanti in servizio – spiega il direttore Maurizio Padovan. Oggi la struttura è sicura: non abbiamo chiuso le porte, ho accolto tutti coloro che avessero titolo di visionare documenti e registri degli ospiti. Non possiamo negare che ci siano stati e ci siano disservizi in una struttura complessa ad alto carico assistenziale, ma sono state oggetto di tempestivo intervento dell’Ulss ogni settimana». «Barresi aveva lavorato in 20 Rsa – si difende Dalla Bella dalle accuse di violenza è stato assolto». «Ma voi affidereste vostro figlio a un pedofilo replica Cereser -, anche se fosse stato prosciolto in appello?».

 

IL CONFRONTO

Il confronto è infuocato. «Ringrazio i vertici di Isvo e Ipab che non hanno messo la testa sotto la sabbia- spiega il sindaco – Li riconfermerei». Gli altri componenti dei due Cda non fiatano, anche se in corridoio qualcuno confida che avrebbe preferito dimettersi. «Le sue sono nomine chiaramente politiche incalza il consigliere Cereser – Il presidente di Ipab Maschietto era nella lista “Cereser sindaco”, il presidente di Isvo Contarin era nel direttivo del Pd. Nomine lecite, ma se il sindaco ribadisce la sua fiducia sarebbe il caso che si dimettesse anche lui». Solo due consiglieri di maggioranza prendono la parola: Luca Morosin (Cittàinsieme) e Alessandra Patti (Fare civico), più volte interrotta dal pubblico. L’atmosfera è incandescente, il sindaco, fuori microfono, dà del «pagliaccio» a Rizzello. Con Rizzello si scusa il presidente del Consiglio Francesco Rizzante.

Aggiornamento 05.05.2023

 

Fonte: Gazzettino 05.05.2023 (linkpermalink)

 

Ci sono altri cinque anziani morti alla Monumento ai Caduti sui quali la Procura ora vuole vederci chiaro. La miccia l’hanno accesa i parenti, dopo che gli arresti di quattro operatori socio-sanitari a metà marzo avevano acceso un faro sui maltrattamenti degli ospiti del reparto Viola della casa di riposo. La decisione della Procura di conferire l’autopsia per la morte di un’anziana e il sospetto che le violenze subite possano avere a che fare con le sue ultime ore, hanno scatenato le paure di tanti figli i cui genitori sono spirati su un letto del reparto Viola.

NUOVI ACCERTAMENTI
Per questo il sostituto procuratore Andrea Petroni ha incaricato la stessa dottoressa che sta svolgendo l’autopsia di fare una ricognizione sulle cartelle cliniche di cinque anziani deceduti, per verificare se ci possano essere collegamenti tra i maltrattamenti portati avanti dai quattro Oss e il quadro clinico dei cinque residenti della struttura. Soprattutto se ci siano ecchimosi o fratture segnalate in cartella e inspiegabili con la loro normale degenza in Rsa. E ci sarebbero un’altra decina di famiglie pronte a portare in Procura, per mano dell’avvocato Luca Pavanetto, i casi dei loro anziani, per chiedere accertamenti.

AL PALAZZACCIO
Nei giorni scorsi intanto gli avvocati Alberto Zannier, Marco Zampini, Francesco Pavan e Roberto Zanata, legali dei quattro Oss arrestati, hanno depositato il ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame che aveva respinto le richieste di scarcerazione. Per i giudici cautelari di Venezia i quattro – Fabio Danieli, 47 anni, e Maria Grazia Badalamenti, 62 anni, coppia nel lavoro e nella vita (entrambi in carcere); Anna Pollazzon, 60 anni, e Margie Rosiglioni, 66 anni, (entrambe ai domiciliari) – non possono tornare in libertà in quanto “una volta avuta l’occasione” potrebbero ricascarci e maltrattare gli anziani a loro affidati, facendosi assumere anche da privati, anche in nero. Danieli e Badalamenti “hanno dimostrato – si legge nelle motivazioni del Riesame – assoluto disprezzo per l’incolumità dei degenti ma anche spiccato sadismo” condito dalla “lucida volontà di riservare alle vittime un trattamento che le privasse di qualsivoglia dignità”. I due erano poi convinti di essere impuniti data l’arroganza con cui trattavano i colleghi che “non avevano mai osato denunciare” per il carattere “irascibile. C’è il pericolo concreto che possano ancora adesso esercitare indebite pressioni sui colleghi affinché non riferiscano o sminuiscano le condotte” di cui erano venuti a conoscenza.

GLI ABUSI SESSUALI
Nell’inchiesta anche Davide Barresi, arrestato a novembre 2022 dopo che le telecamere installate dai carabinieri lo hanno ripreso mentre violentava tre anziane: per lui – difeso dagli avvocati Giorgio e Luca Pietramala – la Procura sta predisponendo un giudizio immediato in merito a quei fatti.

 


Aggiornamento 31.08.2023

Giovedì 31 Agosto 2023 di Roberta Brunetti  Gazzettino (linkpermalink)

San Donà di Piave. Violentò le ospiti in casa di riposo: «Chiedo perdono, sono ammalato»

Ha scritto una lettera in cui confessa le terribili violenze sessuali commesse ai danni delle anziani ospiti della casa di riposo in cui lavorava. Davide Barresi, 54enne siciliano, tra i principali imputati nel processo a quella che è stata definita la casa di riposo degli orrori a San Donà di Piave, sostiene di essere malato da sempre, chiede perdono e assicura che intende scontare in carcere tutta la pena che gli sarà inflitta.

IL DOCUMENTO

Il documento è stato prodotto ieri, in udienza preliminare a Venezia, dal suo difensore, l’avvocato Giorgio Pietramala, che ha chiesto anche una perizia psichiatrica per il suo assistito. Ma la giudice per l’udienza preliminare, Benedetta Vitolo, ha respinto la richiesta, a cui si era opposto anche il pubblico ministero, Andrea Petroni. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 11 settembre. Contro Barresi ci sono le immagini delle violenze riprese, nel corso delle indagini, all’interno della casa di riposo. Donne inermi, anziane e malate, in balia del violentatore. All’uomo, che si trova in carcere dall’anno scorso, vengono contestate complessivamente otto violenze, in due diversi fascicoli che in prospettiva saranno riuniti. Per lui il processo si svolgerà con il rito abbreviato, che a questo punto dovrebbe essere discusso in autunno.

LA VICENDA

Vicenda agghiacciante, questa della casa di riposo “Monumento ai caduti”. La Procura ha ricostruito un quadro terrificante di abusi commessi all’interno della struttura: decine di anziani maltrattati, picchiati, umiliati in ogni modo da un gruppetto di operatori sanitari. A marzo erano scattati una serie di arresti. Nove i dipendenti coinvolti. Tutti licenziati a giugno.

Al di là del caso di Barresi, l’unico accusato di violenza sessuale, le imputazioni più gravi sono a carico di altri quattro ex operatori: Fabio Danieli, 47 anni e Maria Grazia Badalamenti, 62 anni, entrambi in carcere, Anna Pollazzon, 61 anni, e Margie Rosiglioni, 66 anni, che invece si trovano ai domiciliari. Tutti accusati di maltrattamenti con l’aggravante di aver prodotto con le loro condotte violente la morte di una paziente. Un’anziana ospite, che a più riprese sarebbe stata vessata e malmenata, che infine è morta, il 24 febbraio scorso, dopo un ricovero in ospedale per degli ematomi comparsi all’improvviso sul suo corpo. Proprio di questa morte si è dibattuto a lungo nell’udienza di ieri. I difensori dei quattro imputati hanno chiesto una consulenza che approfondisca le cause del decesso. In particolare è stata prodotta una prima relazione medica in relazione ai comportamenti di Pollazzon e Rosiglioni, che escluderebbe un nesso causale con la morte dell’anziana. Ma le posizioni più gravi, stando alla ricostruzione della Procura, sono quelle di Danieli e Badalamenti, che il 2 febbraio scorso erano arrivati a causare la frattura della quinta, sesta e settima costola dell’anziana. In generale, nel capo d’imputazione, si legge per “per l’effetto delle condotte violente e maltrattanti” da parte dei quattro operatori, era stato “prodotto il decesso” dell’ospite “quale conseguenza delle plurime fratture a lei prodotte e delle plurime percosse e ripetute vessazioni psicologiche”. Alla fine, ieri il giudice ha disposto una consulenza d’ufficio sulle cause di questa morte. L’incarico sarà affidato l’11 settembre. L’esito sarà determinate: se sarà confermata il nesso con gli abusi, gli ex operatori rischiano fino a 24 anni di carcere.

 


San Donà. Rsa degli orrori: «Ospite morta per la violenza e gli abusi subìti: l’hanno messa su un piano inclinato verso il decesso»
NORDEST > VENEZIA
Sabato 13 Gennaio 2024 (linkpermalink)

SAN DONÀ – La perizia disposta dal giudice per l’udienza preliminare, Benedetta Vitolo, sembra avallare l’ipotesi accusatoria sull’agghiacciante vicenda delle violenze agli anziani ospiti della casa di riposo “Monumento ai caduti” di San Donà perpetrate tra il 2019 e il 2023.

Ieri la relazione dei medici Claudio Rago e Paolo Fusaro è stata depositata e, da quanto è stato possibile apprendere, fornisce sostanza a quanto già contestato dal pubblico ministero Andrea Petroni in relazione all’episodio della morte di un’ospite, avvenuta il 24 febbraio 2023. Tra le conclusioni della perizia, si sostiene che le fratture costali riscontrate e le vessazioni psicologiche subite hanno messo la persona “su un piano inclinato verso il decesso”, avvenuto per insufficienza respiratoria in un soggetto già fragile e sottoposto a numerosi stress. Un punto importante, quindi a favore della richiesta di rinvio a giudizio su cui il Gup dovrà pronunciarsi.

NOVE COINVOLTI
Nove le persone (tutte licenziate) coinvolte a vario titolo negli abusi ai danni di decine di anziani ospiti della struttura. Lo scorso marzo erano scattati gli arresti. Nove i dipendenti coinvolti. Le imputazioni più gravi sono a carico di 4 ex operatori: Fabio Danieli, 47 anni, e Maria Grazia Badalamenti, 62 anni, Anna Pollazzon, 61 anni, e Margie Rosiglioni, 66 anni. Tutti accusati di maltrattamenti con l’aggravante di aver causato con le loro condotte la morte della paziente.

LE IMPUTAZIONI
Per la Procura, le posizioni più gravi sono quelle di Danieli e Badalamenti, che il 2 febbraio 2023 erano arrivati a causare la frattura della quinta, sesta e settima costola dell’anziana. In generale, nel capo d’imputazione, si legge per “per l’effetto delle condotte violente e maltrattanti” da parte dei 4 operatori, era stato “prodotto il decesso” dell’ospite “quale conseguenza delle plurime fratture prodotte e delle plurime percosse e ripetute vessazioni psicologiche”.
Le conclusioni della perizia confermano nella sostanza il nesso causale tra gli abusi e la morte della donna, che soffriva già di varie patologie e non era autosufficiente nell’alimentazione. Le sue condizioni, però, si erano aggravate nel corso della degenza.
“Per tutte le considerazioni sopra riportate – conclude la perizia – è possibile ricostruire un nesso concausale fra lo stato di estrema fragilità della donna, le lesioni costali e lo scompenso terminale con edema polmonare e relativo decesso”.
Nell’ambito della medesima vicenda, altre 4 operatrici sanitarie accusate di episodi minori, hanno già patteggiato la pena e, in un caso, ottenuto la messa alla prova.


Violenze nella casa di riposo di San Donà, chiesti 38 anni di reclusione

NORDEST > VENEZIA
Sabato 20 Gennaio 2024 di Gianluca Amadori (link permalink)

SAN DONÀ – Cinque richieste di condanna, a pene comprese tra i tre e i dodici anni di reclusione, per i maltrattamenti e le violenze che, secondo la procura di Venezia, sono state commesse all’interno del Reparto Viola della casa di riposo “Monumento ai caduti” di San Donà di Piave, tra il 2019 e l’inizio del 2023.
Il pm Andrea Petroni ha concluso ieri la sua requisitoria, nel corso del processo con rito abbreviato che si sta celebrando di fronte alla gup Benedetta Vitolo. Il rappresentante della pubblica accusa ha sollecitato 12 anni di carcere per Davide Barresi, 54 anni, già residente in provincia di Catania, attualmente detenuto; 10 anni e 8 mesi per Fabio Danieli, 47 anni; 8 anni e 8 mesi per Maria Grazia Badalamenti, 62 anni; 3 anni e 4 mesi di reclusione ciascuna per Anna Pollazzon, 61, e Mergie Rosiglioni, 66 anni, tutti residenti a San Donà. Le pene richieste tengono conto dello sconto di un terzo previsto per il rito abbreviato, e dunque partivano da un minimo di 5 ad un massimo di 18 anni di reclusione. Tutti sono chiamati in causa per l’attività svolta in qualità di operatori socio sanitari.

MALTRATTAMENTI
Sotto accusa sono finiti decine di episodi di maltrattamenti: mancata somministrazione dei pasti, schiaffi, minacce, ingiurie. Gli anziani venivano sottoposti ad angherie perché protestavano, oppure semplicemente perché chiedevano l’intervento degli operatori se rovesciavano un piatto o necessitavano di essere lavati. Una degente, secondo la procura, è morta per insufficienza cardio-respiratoria quale conseguenza delle plurime fratture provocate dalle percosse e delle vessazioni psicologiche: l’aggravante relativa a quel decesso viene contestata a Badalamenti, Danieli, Pollazzon e Rosiglioni.
La posizione più pesante è quella di Barresi, il quale è accusato anche violenza sessuale su sette anziane donne, costrette a subire rapporti sessuali di vario tipo con abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica. È per questa imputazione che l’uomo, difeso dagli avvocati Giorgio e Luca Pietramala, si trova tutt’ora in carcere: contro di lui ci sono le immagini registrate dalle telecamere che gli inquirenti avevano piazzato di nascosto all’interno della Rsa per documentare i maltrattamenti, denunciati dai familiari di una degente ricoverata nel reparto non autosufficienti.

GENERALE OMERTÀ
Il pm Petroni ha sottolineato l’abitualità degli episodi di maltrattamento, tali da «determinare uno stato di prostrazione e soggezione» in tutti gli ospiti del reparto che, «anche se non direttamente vittima degli abusi, hanno maturato il timore di divenire essi stessi destinatari delle condotte violente». Il rappresentante della pubblica accusa ha evidenziato anche il «clima di generale omertà protettiva reciproca», che a suo avviso è dimostrazione del concorso nei reati anche da parte degli imputati implicati con un ruolo secondario. Più di qualcuno, secondo il pm, era a conoscenza degli orrori che accadevano nella Rsa, ma non ha mai sporto denuncia.
Nel pomeriggio hanno preso la parola i legali delle parti civili che hanno chiesto la condanna degli imputati a consistenti risarcimenti (fino ad 800mila euro per l’anziana deceduta); le arringhe dei difensori degli imputati sono previste per lunedì prossimo; poi la sentenza.

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Aggiornamento 29.01.2024

Casa di riposo degli orrori a San Donà, tutti condannati per le violenze ma pene inferiori alle richieste della Procura: la rabbia dei parenti

Lunedì 29 Gennaio 2024 di Roberta Brunetti (linkpermalink)

SAN DONA’ DI PIAVE – Tutti condannati per le violenze commesse nella casa di riposo “Monumento ai caduti” di San Donà di Piave, ma pene inferiori rispetto a quelle richieste dalla Procura.

Si è chiuso così il processo celebrato con il rito abbreviato ai cinque ex operatori della struttura.
Il giudice per l’udienza preliminare Benedetta Vitolo ha letto la sua sentenza in serata dopo tre ore di camera di consiglio. La pena più pesante, 8 anni, è toccata a Davide Barresi che era imputato anche per violenza sessuale.

A Fabio Danieli 6 anni; 5 anni a Maria Grazia Badalamenti; e 2 anni e 4 mesi a testa per Anna Pollazzon e Margie Rosiglioni.

Ai quattro era stata contestata anche l’aggravante della morte di un’anziana come conseguenza dei maltrattamenti.
Aggravante che però il giudice ha escluso, condannandoli solo per maltrattamenti.

LA RABBIA DELLE FAMIGLIE
Presenti in udienza una decina di parenti degli ospiti tutti molto delusi per la sentenza.


Rsa degli orrori, pene inferiori alle richieste. La rabbia dei famigliari: «Non è giustizia, questa sentenza ci tormenterà tutta la vita»

Martedì 30 Gennaio 2024 di Michele Fullin (linkpermalink)

MESTRE – In un battito di ciglia quella che sembrava la speranza di una severa condanna, nei volti dei parenti si è tramutata in delusione e rabbia. La lettura del dispositivo di sentenza in aula bunker di Mestre ha gelato i parenti delle vittime, i quali si aspettavano una condanna ben più pesante in termini di pene e risarcimenti. Le loro aspettative erano alte umanamente, per quello che sono stati costretti a subire, ma anche per quello che avevano avuto modo di sentire nel corso del processo.
«Questa non è giustizia – dicono i pochi che hanno voglia di commentare – e la legge non è vero che è uguale per tutti. La pena non è tanto per gli imputati, quanto per le loro vittime e per noi figli e questa non si cancellerà e ci tormenterà per tutta la vita».
Chi non ha proprio voluto commentare, andandosene subito, sono stati i parenti dell’anziana ospite che morì il 24 febbraio 2023.

Per i periti nominati dal giudice, il nesso causale tra le angherie subite, le lesioni riscontrate e il decesso per insufficienza respiratoria c’era. Non è stato però ritenuto una prova sufficiente. «Difficile commentare adesso – afferma Loris Mazzetto, genero di una donna oggetto delle violenze e delle privazioni – da quello che capiamo la decisione si è basata sulla ricostruzione di un breve periodo. La difese si sono “rifugiate” sullo stress degli imputati e sull’isolamento dovuto al Covid e alla fine il processo ha preso questa piega».

DA QUANTO TEMPO

«A una domanda, però, noi familiari non avremo mai risposta – gli fa eco la moglie Franca Biondo – da quanto tempo andavano avanti queste cose? Mia mamma ha subito tutti i maltrattamenti possibili. Le ha subite tutte. Adesso anche lei non c’è più, ma noi continuiamo a soffrire per questa tremenda storia».
«Ma non finisce qui – aggiunge il parente di un’altra vittima – ora ci sarà tutta la partita civilistica. Loro (gli imputati) sono stati gli esecutori di queste cose indescrivibili. Ma la struttura non è esente da responsabilità, perché è da anni che noi parenti facevamo segnalazioni su cose che non andavano. Non a questi livelli, ma per molti disservizi».
Difficile capire da quanto tempo andasse avanti questa vicenda, ma per i familiari si parla di anni.
«Certo, non queste cose oggetto del processo – prosegue il figlio di una delle vittime del processo – ma avevamo visto ad esempio con l’alimentazione che c’erano molti problemi. Io per dar da mangiare a mia mamma ci mettevo tre quarti d’ora. Loro in venti minuti lo facevano con tre ospiti della struttura. Non mangiavano, spesso avevano lividi, c’erano problemi di igiene con pannoloni non cambiati anche per 12 ore. E quando andavamo a lamentarci dai vertici della casa di riposo ci sentivano rispondere “Non è mica un albergo a cinque stelle. Se non vi va bene, quella è la porta”. E anche l’amministrazione comunale passata, non l’attuale, viveva con fastidio questa vicenda. «Anche altri dovranno pagare, non solo questi – conclude – La struttura sapeva quello che succedeva. Sapevano tutto quanto».


 

San Donà di Piave. Orrori in Casa di riposo: risarcimenti per 750mila euro. Ma i condannati non potranno pagare

Mercoledì 31 Gennaio 2024 di Roberta Brunetti (link)

SAN DONA’ DI PIAVE (VENEZIA) – La cifra è cospicua: oltre 750mila euro di risarcimenti che, sulla carta, dovrebbero essere versati subito a un gruppo di familiari ed enti costituiti parte civile nel processo per quella che è stata definita la casa di riposo degli orrori, la “Monumento ai caduti” di San Donà di Piave. È la cosiddetta provvisionale fissata dal giudice penale, insieme alle condanne, in attesa del giudizio civile. Ma che in questo caso difficilmente potrà essere versata dai cinque condannati, tutti ex operatori socio sanitari, senza disponibilità di simili somme. C’è anche questo aspetto nella sentenza con cui il giudice per l’udienza preliminare di Venezia, Benedetta Vitolo, ha chiuso quella che con ogni probabilità sarà solo la prima tappa di un procedimento travagliato. La sentenza, letta lunedì sera, ha ridimensionato le pene richieste dalla Procura (dai quasi 38 anni complessivi si è scesi a poco più di 23), scatenando l’indignazione dei familiari. Ma anche in Procura l’insoddisfazione per la decisione è grande. Insomma la prospettiva di un ricorso in appello è molto concreta.

LA DECISIONE

In attesa delle motivazioni, per cui il giudice si è dato 90 giorni, ieri le parti hanno fatto copia del dispositivo della sentenza, che già chiarisce altri dettagli della decisione. Per tutti gli imputati il giudice ha escluso il concorso, limitando le condanne solo agli episodi più recenti, per cui ci sono i filmati di maltrattamenti e violenze. Così per Barresi, l’unico accusato, oltre che di maltrattamenti, anche di violenze sessuali ai danni di ospiti inermi, la condanna è scesa a 8 anni. Ma il nodo più controverso è quello relativo all’aggravante della morte di una paziente, che era stata contestata come conseguenza dei maltrattamenti agli altri quattro imputati: in particolare a Fabio Danieli e Maria Grazia Badalamenti, la coppia con il maggior numero di imputazioni, nonché a Margie Rosiglioni e Anna Pollazzon. Il pm Andrea Petroni si era battuto per questa aggravante, forte della stessa perizia disposta dal giudice che confermava il nesso di casualità tra le percosse ricevute dall’anziana e il successivo decesso. L’anziana aveva una ventina di fratture alle coste, lividi ovunque, e aveva raccontato lei stessa delle botte ricevute. Nesso contestato, però, dalle difese, con una serie di dubbi sollevati quando erano stati sentiti i periti. E forse questo è stato uno dei passaggi che ha convinto il giudice a escludere l’aggravante. Di qui le condanne “scontate”, solo per i singoli episodi: a 6 e 5 anni, rispettivamente per Danieli e Badalamenti, a 2 anni e 4 mesi a testa per Rosiglioni e Pollazzon.

I RISARCIMENTI

Il giudice li ha poi tutti condannati al risarcimento delle parti civili, escludendo però i familiari non direttamente coinvolti negli episodi di maltrattamenti. E ha fissato delle provvisionali differenziate, in attesa del giudizio civile: da un minimo di 10mila, previsti per gli enti (Isvo, Ulss 4 e Regione, nonché Comune di San Donà, costituitosi però solo contro Barresi) e per vari familiari, a un massimo di 25.000 per i congiunti dell’anziana percossa e deceduta. Cifre che moltiplicate per i cinque imputati arrivano appunto ad un totale di oltre 750mila euro.

LE REAZIONI

Decisione, si è detto, che ha scontentato Procura e parti civili. Soddisfazione, al contrario, tra le difese. «É caduta un po’ tutta la costruzione dell’accusa del clima da lager – commenta l’avvocato Alberto Zannier, difensore di Danieli – Ci sono stati degli episodi di maltrattamenti ed è giusto che paghino per quello che hanno commesso, ma l’ambiente di lavoro era oggettivamente invivibile, con organici dimezzati, mancanza di infermieri, turni massacranti. Anche questo è emerso dal processo». Se ne riparlerà in appello, a cui già annuncia di voler ricorrere il difensore di Barresi, l’avvocato Giorgio Pietramala, per tornare a chiedere la perizia psichiatrica. Barresi già stato condannato per un’altra violenza sessuale ad un’anziana ospite di una Rsa psichiatrica, nell’Agordino, nel 2022 assolto in appello. Poi assunto a San Donà di Piave. Ora nuovamente condannato.

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La casa di riposo di San Donà – Rsa degli orrori, riabilitata l’Oss che insultava gli anziani: potrà tornare al lavoro

Mercoledì 20 Marzo 2024 di Gianluca Amadori (link – permalink)

È accusata di aver offeso pesantemente un anziano costretto a letto, urlandogli: “devi morire… maiale… ti butterei la bacinella in faccia…ti darei uno schiaffone… animale…”. Ma anche di non essere intervenuta in difesa di un altro degente, insultato da una collega con le espressioni “Sei una bestia… un mongolo”.
La condotta tenuta da un’operatrice sanitaria, in servizio nella residenza per anziani di San Donà di Piave è stata ritenuta grave, ma non «di particolare gravità e idonea a recedere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’azienda». È con questa motivazione che il Tribunale di Venezia ha annullato il licenziamento disciplinare inflitto nel maggio del 2023 da Isvo, l’Impresa socio-sanitaria Veneto orientale srl a Rita Esposito, una delle operatrici della casa di riposo “Monumenti ai caduti in guerra” finite sotto inchiesta relativa ai maltrattamenti avvenuti a danno degli anziani ospiti. La donna, assistita dall’avvocato Sergio Frunzillo di Jesolo, è uscita dal procedimento penale patteggiando la pena (sospesa) di sei mesi di reclusione, per poi impugnare il licenziamento.

LICENZIAMENTO ANNULLATO
La giudice Anna Menegazzo ha condannato Isvo «a reintegrare la ricorrente nel proprio posto di lavoro e a corrisponderle indennità risarcitoria pari a 5 mensilità». Decisione che non mancherà di far discutere, se si pensa che oggetto delle offese è un anziano che non aveva alcuna possibilità di difendersi.
Nella sentenza viene riconosciuta la gravità del fatto contestato all’operatrice sanitaria, ma la giudice ha valutato quale “attenuante” l’unicità dell’episodio, l’assenza di danni subiti dalla casa di riposo nonché la valutazione del contesto in cui le offese sono state pronunciate, per concludere che la sanzione del licenziamento non è proporzionata, anche alla luce del «comportamento della stessa vittima che, per quanto verosimilmente in ragione della sua infermità, ha anch’egli contribuito al tono acceso della discussione».

L’INCHIESTA PENALE
Il caso relativo a Rita Esposito si colloca nell’ambito del cosiddetto scandalo della casa di riposo di San Donà che, lo scorso anno, sollevò unanimi reazioni sdegnate: grazie alle intercettazioni disposte dalla Procura, sono infatti emersi ripetuti episodi di maltrattamento a seguito dei quali sono finiti sotto processo e condannati cinque dipendenti che avevano l’incarico di assistere gli anziani ospiti. Il processo a carico dei principali imputati si è concluso alla fine di gennaio con condanne a un ammontare complessivo di 23 anni di reclusione (a fronte dei 38 anni sollecitati dalla Procura) e al pagamento di una provvisionale complessivamente calcolata in 750mila euro: un anticipo sui risarcimenti che dovranno essere quantificati con esattezza in sede civile.
Per quanto riguarda la sentenza che dispone il reintegro di Rita Esposito, Isvo, assistito dagli avvocati Alberto Cecchetto e Mario Scopinich, con molte probabilità presenterà ricorso in appello: nella causa di fronte al Tribunale ha sostenuto, infatti, che comportamenti come quelli finiti sotto accusa non possano essere compatibili con la permanenza sul posto di lavoro con compiti di assistenza agli anziani.

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Rsa degli orrori a San Donà di Piave, così gli aguzzini hanno limitato le condanne

Il Gazzettino 5 maggio 2024 di Michele FuIIin (linkpermalink)

È attorno al concetto di “oltre ogni ragionevole dubbio” che ruota la sentenza sulle violenze, vessazioni, botte e umiliazioni avvenute almeno tra il 2019 e il 2023 tra le mura della casa di riposo “Monumento ai Caduti” di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Il dispositivo con le condanne degli imputati, letto dalla giudice Benedetta Vitolo a fine gennaio, aveva lasciato l’amaro in bocca ai familiari delle 29 vittime delle sevizie, in particolare ai familiari di coloro che hanno dovuto piangere una congiunta o che hanno appreso dagli atti processuali cose che non avrebbero mai pensato si potessero verificare. Tanto da far ribattezzare “Rsa degli orrori” quel luogo in cui gli anziani dovrebbero vivere in serenità i loro ultimi anni di vita. Il superamento del “ragionevole dubbio” relativamente al decesso di una anziana ospite oggetto di ripetute sevizie e maltrattamenti, per il giudice non è stato raggiunto nel processo con rito abbreviato che, ricordiamo, non consente la formazione della prova attraverso il contraddittorio ma solo in base agli atti prodotti nel corso delle indagini preliminari.

Le condanne assommano complessivamente a 23 anni di carcere, mentre il Pm che aveva coordinato le indagini, Andrea Petroni, ne aveva chiesti 38, ritenendo assodata l’aggravante della morte causata dalla condotta dei cinque operatori socio-sanitari finiti sul banco degli imputati. La sentenza è stata da poco depositata e sia il rappresentante dell’accusa che gli avvocati difensori e di parte civile la stanno analizzando in questi giorni. Anche per valutare un’eventuale impugnazione. Il pubblico ministero, rimasto contrariato per il mancato riconoscimento dell’aggravante, sembra orientato a farlo, ma il Codice di procedura penale consente all’accusa di ricorrere solo per Cassazione. La condanna più pesante, a 8 anni, è stata inflitta a Davide Barresi, 54 anni, già residente in provincia di Catania, attualmente detenuto, l’unico a cui venivano contestate, oltre ai maltrattamenti, anche le violenze sessuali ai danni di otto anziane ospiti. Il Pm ne aveva chiesti 12. Pene ridotte anche per gli altri due detenuti, Fabio Danieli, 47 anni, e Maria Grazia Badalamenti, 62 anni, entrambi di San Donà, condannati rispettivamente a 6 e 5 anni (l’accusa aveva chiesto 10 anni e 8 mesi e 8 anni e 8 mesi). Alle altre due imputate sandonatesi, Anna Pollazzon, 61, e Mergie Rosiglioni, 66 anni, entrambe agli arresti domiciliari, il giudice ha inflitto 2 anni e 4 mesi a testa (3 anni e 4 mesi). Due i capi di imputazione: i maltrattamenti aggravati e la violenza sessuale aggravata. Cominciamo dalla morte dell’anziana ospite.

“I periti – scrive il Gup – ricollegano la morte della signora a volte alle fratture del 2 febbraio, altre volte, più in generale, alle plurime fratture costali rinvenute sul corpo e di non certa datazione e quindi non attribuibili agli imputati”. Citando le parole del perito incaricato di dipanare la matassa, il giudice ha sostenuto che “non è possibile nemmeno per i periti stabilire quali tra le varie fratture riscontrate avrebbero condotto a quel “piano inclinato” verso la morte. Espressione, quest’ultima, che al di là di ogni altra considerazione evoca un concetto di probabilità, tipico del diritto civile, piuttosto che di ragionevole certezza, necessaria nel diritto penale… D’altro lato, ad avviso dei periti, le ingiurie e i maltrattamenti avrebbero creato un quadro di stress, che ha inciso sulla persona, debilitandola. Tuttavia, i periti non sono stati in grado di indicare gli elementi clinici ai quali ancorare tale valutazione di stress”.
Sulle violenze commesse da Barresi, provate da registrazioni anche video, il giudice non ha avuto dubbi sull’imputabilità dello stesso, visto che dalle difese erano state avanzate riserve sulla sua capacità di intendere e volere con richiesta di perizia, poi negata. “La richiesta – scrive sempre il Gup – non è supportata da alcun elemento di sostegno… Emergono con evidenza dalla visione delle immagini che l’imputato fosse estremamente attento e circospetto nel trovare il momento giusto per dare sfogo alle sue pulsioni, che erano quindi razionalizzabili e controllabili”.